Educhiamo alla Bellezza
Educare alla bellezza significa aprire gli occhi verso qualcosa che arricchisce, che fa crescere, superando i nostri confini e sviluppando l’ascolto e l’attenzione. Lo sa bene la nostra Social Reporter Sara Giaccone, laureanda in Educazione di Comunità, cresciuta nella bellezza dello storico quartiere monrealese della Ciambra. Leggete tutto d’un fiato il suo articolo per godere dell’argomento da una prospettiva unica!
Educhiamo alla bellezza
“L’educazione è cosa di cuore!”, amava ricordare Don Bosco.
Vi siete mai chiesti cosa significhi “Educare”? Probabilmente starete pensando a quando i vostri genitori o i vostri nonni, con aria rassegnata e stizzita, ad ogni vostra marachella ripetevano: “Devi imparare l’educazione!”. Detta così, sembra quasi che sia un compito di quelli che le maestre lasciano da fare a casa, ma che in realtà non si è capaci di svolgere perché nessuno ti ha spiegato come si faccia. Ecco, forse sta qui l’errore: nell’immaginario collettivo, il termine “educazione” viene associato ad una definizione univoca, riduttiva, in quanto considerata quasi come una mera trasmissione di valori culturali e morali. Per questo motivo si è soliti pensare che l’atto educativo sia solo un’appendice della prassi didattica. In realtà ciò circoscrive un concetto troppo ampio.
Durante il mio percorso universitario mi sono imbattuta in diversi modi di guardare all’educazione, tanti quante sono le materie previste dal mio piano di studi. Ma, tra tutti, la frase che riecheggia sempre è: “L’educazione è cosa di cuore!”. Volendo fare della sana ironia, questa frase sradica gli stereotipi sull’educatore travestito da Signorina Rotternmeier e arriva all’essenza dell’atto educativo. Si, perché si pensa che per educare si debba essere severi, irreprensibili ma, soprattutto, che sia una “cosa da bambini”. Quante volte mi sono sentita dire: “Hai scelto questo corso di laurea perché sei brava con i bambini?”. Come affermava Comenio, bisogna “Insegnare tutto a tutti, dalla culla al sepolcro, secondo un insegnamento graduale e ciclico”. Quindi no, non esiste una legge universale secondo cui si possa apprendere solo in un arco di tempo limitato.
Quello che ho imparato è che il senso dell’educare è accompagnare l’altro nel suo percorso di fioritura, avendo cura di far emergere i suoi punti di forza, fino a lasciargli la mano quando sarà pronto per camminare solo sui suoi passi. Affinché questo sia possibile, serve che ci sia quel “cuore” di cui parlava Don Bosco, quell’attenzione, amorevolezza e un pizzico di sana libertà. Da qualche tempo a venire, anche in ambito scolastico si sta lentamente realizzando una riforma educativa che cerca di concedere quella “sana libertà” e quello spazio creativo che valorizza la persona, in tutte le sue funzioni, rispettandone bisogni e specificità. Nascono laboratori di musica, di teatro e sempre più attenzione viene rivolta all’arte. A proposito di arte ed educazione, vi riporto una mia personale esperienza di vita, che fa leva solo su uno dei tanti aspetti dell’educazione.
Fin da piccola, mi soffermavo ad osservare le tre grandi absidi decorate ad archi intrecciati che giocavano a nascondino coprendosi con le piante poste all’imboccatura di una delle tante stradine del quartiere Ciambra, a Monreale. In realtà giocavo anche io per il piacere di stupirmi del fatto che, in confronto a loro, io ero solo un frammento di mosaico sul viso del Cristo Pantocratore all’interno del Duomo. A scuola ero sempre contenta di poter dire che abitavo in quel quartiere, perché sapevo distinguere uno stile architettonico rispetto a un altro, avendo sempre a mente l’immagine dell’imponente complesso monumentale. Diventando grande, grazie anche ad alcuni insegnanti incontrati sul mio cammino, ho potuto coltivare la mia passione per l’arte; ma ciò che ho conservato non sono tanto i termini tecnici utilizzati per definire i vari elementi architettonici, quanto, invece, lo sguardo curioso di chi dall’istruzione ha tratto il senso dell’educazione: la bellezza nel trovare, dentro sé stessi, un punto di forza. In fondo, che cos’è la bellezza, se non lo stupore per la scoperta di dettagli nascosti?

A proposito… ricordo anche che fino a non molti anni fa, ero solita “gironzolare” lungo il porticato del Duomo e ogni volta notavo colori, dettagli sempre diversi, sebbene la maggior parte delle meraviglie siano custodite all’interno. Stavo in bilico sulle sedute in pietra e fissavo la maestosa statua di Re Guglielmo II, il cui sguardo mette in scena una perenne danza di sguardi con la statua della Vergine Maria, all’altra estremità del porticato. Guardavo sempre le stesse rifiniture, ma ogni volta scovavo qualcosa di diverso. Oltre a ciò, nella mia mente immaginavo che quelle statue prendessero vita e che realmente avrebbero parlato non solo con i loro occhi, ma anche con le loro labbra. Anche da ciò ho imparato che, oltre all’avere cuore, bisognerebbe educare alla bellezza, all’arte di guardare sempre con uno sguardo nuovo il mondo che ci circonda. Peppino Impastato diceva: “Bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. E credo che oggi come non mai, bisogni andare oltre alla superficie, educando soprattutto ad assumere uno sguardo critico e una mente pensante.

Mi preme anche sottolineare uno degli aspetti fondamentali dell’educare, che forse è il più difficile, ma che è il suo cuore pulsante. Educare è anche/soprattutto prendersi cura di chi è più fragile, instaurando una relazione d’aiuto che getta le basi per un nuovo oggi e un nuovo futuro scevro dalle ombre, talvolta dolorose, del passato. Non tutti sanno che il professionista che si occupa di tutti i tasselli del puzzle de “L’ educazione”, fin qui affrontati, è l’educatore socio-pedagogico. Tale figura, ad oggi, non viene ritenuta al pari delle altre professioni e credo che sia una sconfitta, soprattutto a livello umano. L’educatore è una figura che lavora su più fronti: dalle comunità-alloggio, alle RSA, fino agli istituti penitenziari, passando per i centri antiviolenza; collabora inoltre con molte figure professionali, anche del campo medico.
Spero che la celebrazione della “Giornata Internazionale dell’Educazione” sia un segno di rivalsa del mondo dell’educazione socio-pedagogica, e anche un mezzo per diffondere una nuova conoscenza del mondo dell’educazione. Mi auguro che questo tuffo nei miei ricordi che, per certi aspetti, mi ricordano l’importanza della mia futura professione, sia uno spunto di riflessione per tutti.
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